L’ azione di riconoscimento di paternità è diretta a costituire il rapporto giuridico di filiazione in forza di pronuncia del giudice, allorquando il genitore che ha concepito un figlio al di fuori del matrimonio non intende riconoscerlo.
Innanzitutto appare opportuno trattare l’ azione di riconoscimento di paternità separatamente da quella di maternità, visto che la tutela apprestata dal nostro ordinamento alla madre è assai diversa e presenta aspetti del tutto peculiari, fermo che quanto si dirà in seguito si applica in larga parte alla dichiarazione giudiziale della matenità.
Profili processuali dell’azione di riconoscimento della paternità
Gli artt. 269 e seguenti c.c., dopo la riforma del 2013, non hanno apportato modifiche di particolare rilievo dal punto di vista sostanziale, andando ad incidere in modo specifico sui profili processuali dell’ azione di riconoscimento di paternità.
Tralasciando la struttura originaria del procedimento in questione, in questa sede è importante rimarcare che l’interesse del minore all’instaurazione del rapporto di filiazione con il presunto genitore, che in un’epoca ormai remota era esaminato della fase di ammissibilità dell’azione, ormai da anni viene traslato nell’unica fase di merito. Pertanto rimangono valide tutte le considerazione che a suo tempo furono svolte.
L’interesse del minore
Così come accade nella fattispecie di cui all’art. 250 c.c. (in cui un genitore vorrebbe riconoscere il figlio ed incontra l’opposizione dell’altro), l’interesse del figlio minore all’instaurazione di un rapporto giuridico con il genitore si presume, salvo che quest’ultimo, per la sua grave condotta precedente o successiva al concepimento, sarebbe potuto incorrere nei provvedimenti di cui agli artt. 330 o 333 c.c., ove quel rapporto fosse già in essere, con grave pregiudizio per l’equilibrio affettivo e psicologico del figlio e per la sua collocazione sociale.
Quanto alle questioni risarcitorie derivanti dal comportamento del presunto genitore o del dichiarato genitore, tornerò sull’argomento in altra sede.
Ad ogni buon conto, l’art. 269 c.c. vigente, rispetto al testo previgente, si limita ad eliminare l’aggettivo naturale della paternità e della maternità, disponendo che essa possa essere giudizialmente dichiarata in tutti i casi in cui è ammesso il riconoscimento, e che la prova della filiazione possa essere data con ogni mezzo, segnatamente dimostrando l’identità di colui, che si pretende essere figlio, e colui che fu partorito dalla donna, che si assume essere la madre. La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il presunto padre non costituiscono dimostrazione della paternità. Quindi, con riferimento ai profili della dichiarazione giudiziale di paternità, occorre evidenziare come la prova del vincolo di genitorialità può essere anche indiretta o indiziaria e, dunque, raggiunta tramite elementi presuntivi, connotati dai requisiti di cui all’art. 2729 c.c.
Ma è bene procedere per gradi
La legittimazione attiva
Innanzitutto l’ azione di riconoscimento di paternità riguardo al figlio è imprescrittibile. Se questo muore prima di aver iniziato il procedimento, lo stesso potrà essere azionato dai discendenti, entro il termine decadenziale di due anni dalla morte del primo. Se la morte interviene in un momento successivo all’instaurazione del giudizio, quest’ultimo potrà essere coltivato dai discendenti, i quali agiranno non jure hereditatis ma jure proprio.
In caso di interdizione e di abituale grave infermità di mente dell’interessato l’ azione di riconoscimento di paternità può essere esercitata da parte di un curatore speciale.
Naturalmente l’ azione di riconoscimento di paternità, nell’interesse del minore, può essere promossa dal genitore che lo ha riconosciuto. In tal caso il genitore non ha bisogno dell’autorizzazione del giudice tutelare, né è necessario che nell’atto introduttivo dichiari di agire nell’interesse e per conto del minore, risultando implicito nella domanda avanzata. In assenza del genitore ovvero in caso di decadenza dalla responsabilità genitoriale, l’ azione di riconoscimento di paternità è esercitata dal tutore, il quale, viceversa, dovrà avere l’autorizzazione del giudice tutelare. Quest’ultimo potrebbe nominare anche un curatore speciale perché eserciti l’ azione di riconoscimento di paternità, direttamente se esercita la professione forense, ovvero conferendo procura alle liti ad un avvocato.
Minore che ha compiuto i quattordici anni
Se il minore ha compiuto i quattordici anni, per promuovere o proseguire l’ azione di riconoscimento di paternità occorre il consenso del minore stesso.
Quindi l’avvocato che tutela il genitore che propone l ’azione di riconoscimento di paternità per un figlio di età superiore ai quattordici anni dovrà dare atto nell’atto di citazione dell’adesione del figlio facendogli sottoscrivere l’atto. Nel caso in cui il raggiungimento di quel limite di età avvenga nel corso del giudizio sarà necessario depositare apposita dichiarazione sottoscritta dal minore, con la quale questi dichiari di volere proseguire il giudizio. Nulla esclude che il consenso sia formalizzato in udienza. Quest’ultima soluzione appare preferibile per ovvie ragioni pratiche dirette a dissipare ogni dubbio sulla veridicità della dichiarazione.
Secondo la giurisprudenza tale consenso del minore non costituisce presupposto processuale dell’ azione di riconoscimento di paternità, bensì condizione dell’azione, pertanto è sufficiente che esso sia affermato al momento della decisione.
La legittimazione passiva
In punto di legittimazione passiva è evidente quella del presunto genitore. In mancanza di questo la stessa spetta gli eredi di quest’ultimo, in assenza di questi l’art. 273 c.c. sancisce che la domanda per la dichiarazione giudiziale della paternità debba essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice, davanti al quale il procedimento deve essere promosso.
Quindi è esclusa la legittimazione degli eredi degli eredi. Semmai questi potranno intervenire in giudizio, ove ne abbiano interesse.
Il legislatore non pretende da lato passivo che vi sia litisconsorzio necessario tra i genitori. Di talché il figlio non sia stato riconosciuto da nessun genitore, potrà, se maggiorenne o se minorenne tramite il tutore, proporr l’azione nei confronti di uno solo dei genitori, senza necessità di citare in giudizio l’altro. Nel procedimento avviato con l’ azione di riconoscimento di paternità potrà contraddire chiunque vi abbia interesse.
In caso di figlio incestuoso, ossia nato da persone legate da vincolo di parentela in linea retta all’infinito ovvero in linea collaterale fino al secondo grado, l’ azione di riconoscimento di paternità dovrà essere preventivamente autorizzata dal giudice, ai sensi dell’art. 251 c.c.
La competenza
L’ azione di riconoscimento di paternità o maternità del figlio nato fuori dal matrimonio deve essere proposta innanzi al tribunale ordinario, a prescindere dall’età del figlio. Quindi non è più prevista la competenza del tribunale per i minorenni.
La competenza territoriale andrà identificato con il foro del convenuto.
Il rito
Per quanto riguarda il rito, l’art. 38, disp. att. c.c. dispone che il tribunale competente provvede in camera di consiglio, fermo restando quanto previsto per le azioni di stato.
Secondo la giurisprudenza deve applicarsi il rito ordinario, alla luce del richiamo alle azioni di stato. Pertanto la domanda per la dichiarazione di paternità di propone con atto di citazione. Si ritiene che laddove fosse introdotta con ricorso, così come accadeva fino a qualche anno fa, il giudice dovrebbe disporre la conversione del rito.
Anche l’appello pretende la forma dell’atto di citazione. Dovrà essere proposto entro 30 giorni dalla notifica della sentenza, o, in mancanza, nel termine semestrale dal deposito della sentenza. Sul gravame deciderà la corte territoriale nella composizione di tre magistrati, senza la partecipazione di magistrati onorari.
Nel procedimento, in ogni fase e grado, è indispensabile la partecipazione del pubblico ministero.
Per quanto concerne le domande che possono essere avanzate con l’atto introduttivo segnalo all’attento lettore il mio precedente articolo dal titolo dichiarazione giudiziale della paternità, che ne contiene una esaustiva indicazione.
I mezzi di prova
Nell’ambito del procedimento potranno essere utilizzati tutti i mezzi di prova, ad eccezione del giuramento ed interrogatorio formale che sono incompatibili data natura personale e indisponibile dei diritti in questione.
Come già evidenziato nel mio precedente articolo sopraccitato assumerà particolare rilievo le indagini genetico ematologiche, così come accade nel giudizio di disconoscimento della paternità e dell’impugnazione del riconoscimento.
E’ bene ricordare che il rifiuto del padre potrà assurgere a prova della paternità. Nell’ipotesi di decesso del presunto padre, occorrerà effettuare la prova del DNA sul cadavere. L’esumazione del cadavere potrebbe essere inutile nel caso di precarie condizioni di conservazione dello stesso, ovvero nel caso, decorso molto tempo dal decesso, venissero rivenute solo ossa. Si tratta evidentemente di difficoltà di carattere tecnico nell’accertamento in questione. Così come accadrebbe in caso di cremazione del corpo, salvo che qualche organo non fosse stato conservato, per qualsiasi motivo, presso qualche istituto ospedaliero a seguito di interventi. Infine se il figlio fosse di sesso maschile l’accertamento della paternità potrebbe avvenire con attraverso l’esame del DNA degli ascendenti.
Diversamente la prova potrà essere data attraverso la prova documentale o la testimonianza della relazione tra i genitori, dell’essere stato il figlio trattato e considerato come tale, anche nelle relazioni sociali, da parte del presunto padre. Potrebbe valere come prova anche una inequivoca dichiarazione scritta del genitore, purché non assuma le caratteristiche di un vero e proprio riconoscimento di natura testamentaria.
Vedi anche Dichiarazione giudiziale della paternità
Vedi anche Risarcimento del danno per mancato riconoscimento del figlio
Vedi anche Diritto del nato da parto anonimo di conoscere le proprie origini in caso di madre deceduta
Vedi anche Padre inadempiente dei doveri genitoriali
Vedi anche Azione di reclamo dello stato di figlio
Vedi anche “Assenza della volontà di proceare”
Vedi anche Riconoscimento del figlio
Vedi anche Il diritto del padre a non risconoscere il figlio