Rinuncia del coniuge all’azione di riduzione

Rinuncia del coniuge all’azione di riduzione

La rinuncia del coniuge all’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima può comportare un arricchimento nel patrimonio della figlia beneficiata, nominata erede universale, tale da integrare gli estremi di una donazione indiretta, se corra un nesso di causalità diretta tra donazione e arricchimento.

Questo principio è stato recentemente affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23086 del 2023.

La vicenda in questione riguarda un figlio naturale che ha citato in giudizio la figlia legittima del padre, proponendo un’azione di riduzione dell’atto di donazione a favore della sorellastra, al fine di recuperare la propria quota di legittima.

Decisione di primo grado

Nella decisione di primo grado, il Tribunale ha dichiarato aperta la successione del padre e ha incluso i beni oggetto della donazione nella massa ereditaria. Successivamente, il Tribunale ha riconosciuto la lesione della quota di riserva del figlio naturale a causa di tale donazione, procedendo alla riduzione per reintegrare la quota lesa.

Giudizio di seconde cure

Il figlio naturale ha presentato appello contro questa sentenza, contestando il mancato riconoscimento della rinuncia del padre all’azione di riduzione come donazione indiretta a favore della figlia legittima. Tuttavia, la corte di appello ha respinto questa argomentazione.

Rinuncia del coniuge all’azione di riduzione: donazione indiretta

Nel giudizio di cassazione, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del figlio naturale, sancendo che la rinuncia del coniuge all’azione di riduzione costituisce una donazione indiretta, soggetta a riduzione. I giudici supremi hanno basato la loro decisione sull’interpretazione dell’articolo 737 del codice civile, che impone l’obbligo di collazione, ossia di includere nella massa ereditaria quanto ricevuto in vita dal defunto.

La Corte ha qualificato la rinuncia del coniuge come donazione indiretta, equiparandola a una rinuncia a un diritto che, se comporta un arricchimento per un terzo, può essere considerata tale. Nel caso in esame, la rinuncia all’azione di riduzione del disposizioni testamentarie lesive  della moglie ha definitivamente assegnato alla figlia la quota ereditaria, arricchendola a discapito dell’altro figlio.

La decisione della Corte di Cassazione ha sottolineato che la qualificazione come donazione indiretta dipende dalla presenza di un nesso logico tra la rinuncia e l’arricchimento, e in questo caso, la rinuncia del coniuge all’azione di riduzione ha chiaramente procurato un vantaggio alla figlia designata erede universale.