La violenza nel matrimonio, anche se si concretizza in un unico episodio, anche successivo alla crisi coniugale, costituisce una violazione talmente grave dei doveri coniugali nascenti dal matrimonio da giustificare non solo la pronuncia della separazione personale dei coniugi, ma anche la dichiarazione di addebito a carico dell’autore della violenza. L’accertamento della violenza esonera il Giudice dal procedere alla comparazione con il comportamento della vittima della violenza, essendo queste compatibili solo con atti omogenei.
La suprema Corte ha riaffermato tali principi anche di recente con la sentenza n. 31351/202 e l’ordinanza n. 27324/2022.
Comportamenti violenti risalenti nel tempo
Invero secondo il granitico orientamento del Supremo collegio, i comportamenti reattivi del coniuge che sfociano in azione violente e lesive dell’incolumità fisica dell’altro, sono causa determinante dell’addebito della separazione, in quanto determinano l’intollerabilità della convivenza, nonostante fossero risalente nel tempo e l’altro coniuge contribuisse a esasperare la relazione.
Rilevanza di un singolo episodio
In questo ambito anche un singolo episodio integra un comportamento idoneo a sconvolgere definitivamente l’equilibrio della coppia, poiché lesivo della dignità della persona. Neppure la reazione aggressiva della vittima ne riduce la portata e l’efficienza causale.
Ovviamente per essere causa di addebito i comportamenti contrari al matrimonio devono essere volontari e causa dell’impossibilità di prosecuzione della convivenza.
Comportamento imputabile
Ciò significa che la violenza fisica di un coniuge nei confronti dell’altro non implica l’addebito se questa non sono imputabili, ossia se essa non è il risultato di un comportamento volontario e consapevole.
In un caso sottoposto all’esame della giurisprudenza di merito, il comportamento violento della moglie non è stato riconosciuto come causa dell’addebito in quanto la donna aveva comportamenti caratterizzati da violenta convulsione motoria, di ore e ore di preghiera, uso di un saio anche per occupazioni domestiche. Quindi, evidentemente, la donna aveva un equilibrio psichico alquanto compromesso.
Distinzione tra violenza e conflittualità
L’accertamento della violenza all’interno del nucleo familiare necessità che la stessa sia distinta dalla mera conflittualità.
E’ necessario, altresì, svicolare la violenza domestica dalla violenza di genere (tipicamente femminile), e va riconosciuta laddove si verifichino forme di violenza che prescindono dal genere biologico della vittima e del loro autore.
Mentre il mero conflitto è una fisiologica rottura del rapporto di coppia ed è caratterizzato da una posizionane paritaria tra i coniugi, nella violenza domestica manca del tutto tale parità. Infatti quest’ultima è caratterizzata dalla sopraffazione di un coniuge sull’altro, a cui corrisponde una subordinazione fisica, psicologica ed, a volte, economica.
Quando si rinvengono comportamenti violenti, scattano a favore della vitta tutta una serie di garanzie.
Prova della violenza nel matrimonio
La vittima è tenuta a dare la prova della violenza subita.
All’uopo grande rilevanza ha una sentenza irrevocabile di condanna che accerta la violenza nel matrimonio, e poi, la sentenza di condanna di primo grado appellata, il rinvio a giudizio con misura cautelare in corso, la misura cautelare in corso senza che sia intervenuto ancora un rinvio a giudizio, il rinvio a giudizio senza misura cautelare, la documentazione sanitaria, le denunce, i referti medici attestanti fatti di violenza ed il referto dello psicologo del centro antiviolenza.
Gli atti elaborati nel corso del procedimento penale nelle indagini (quali perizie del PM, verbali di sommarie informazioni rese da persone informate sui fatti) non passati attraverso la verifica dibattimentale sono qualificati dalla giurisprudenza come prove atipiche, potendo il giudice civile, in mancanza di alcun divieto, liberamente apprezzare le prove raccolte in un diverso giudizio tra le stesse o tra altre parti, e può anche avvalersi delle risultanze degli atti delle indagini preliminari svolte in sede penale, le quali possono essere sufficienti a formare il convincimento del giudice. D’altro canto sono atti ricevuti da un pubblico ufficiale.
Possono denotare l’assenza di violenza nel matrimonio una sentenza di assoluzione, l’archiviazione del procedimento penale a seguito di opposizione. Da notare che la riforma cartabia sembra attenuare il valore di prova contraria in quest’ultimo caso.
Nuove norme procedurali
In particolare in ambito civile, il ricorso per separazione personale con allegazione di violenza domestica, ha, per così dire, una corsia preferenziale.
La novella, ispirandosi ad una giurisprudenza illuminata e ad una dottrina accorta, prevede espressamente che, in caso di violenza domestica, al ricorso introduttivo vadano allegati gli accertamenti svolti e copia dei verbali relativi all’assunzione di sommarie informazioni. Inoltre il Giudice della separazione non solo può assumere sommarie informazioni da persone informate dei fatti, ma può disporre d’ufficio la prova testimoniale formulandone i capitoli, acquisire atti e documenti presso gli uffici pubblici, nonché i rapporti d’intervento e relazioni di servizio redatti dalle forze dell’ordine. Quindi il Giudice può esercitare tutti quei poteri istuttuori d’ufficio che in precedenza poteva attivafre solo con riferimento a questioni relativi ai figli minori.
La violenza nel matrimonio è causa dell’addebito della separazione
La violenza nel matrimonio è causa dell’addebito della separazione, salvo che tali comportamenti contrari ai doveri del matrimonio siano stati assunti in modo non consapevole, così come quando il coniuge istante abbia sostenuto in giudizio che trattasi di agiti non voluti effettivamente da chi li ha posti in essere.