Responsabilità per malformazione del feto

Responsabilità per malformazione del feto

E’ responsabile per la malformazione del feto il medico che ha inserito dati sanitari errati nel software informatico, rendendo impossibile, così, la possibilità di scelta della danna ad interrompere la gravidanza.

E’ quanto si legge nell’ordinanza del 27 giugno 2023 n. 18327 della Suprema Corte di Cassazione.

Il caso

Una coppia agiva in giudizio, anche per conto del figlio, al fine di sentir condannare l’Asl di una cittadina toscana al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, subiti in conseguenza della non tempestiva diagnosi della sindrome di Down a cui è affetto il nascituro, a causa dell’errata esecuzione di un test da parte di un dottore in servizio presso l’ospedale.

Gli attori allegavano di aver eseguito una serie di esami specifici, e che il medico aveva inserito una data diversa di esecuzione degli esami, rispetto a quella reale. Con la conseguenza che il sistema aveva elaborato un risultato falsato rispetto a quello effettivo, indicando una possibilità contenuta di presenza di sindrome di Down.

La coppia sosteneva che se fosse stata inserita la data corretta, la possibilità di “anomalie genetiche” calcolata dal sistema sarebbe stata molto più elevata, ed loro, se ne fossero stati consapevoli, avrebbero senz’altro interrotto la gravidanza.

L’ASL chiamava in causa il medico e il fornitore del software. Quest’ultimo, a sua volta, chiamava in giudizio la società produttrice del software e la propria assicurazione.

Decisione di prime cure

Il tribunale rigettava la domanda attorea in quanto non era stata data prova che di fronte a dati corretti, sarebbe stato possibile interrompere la gravidanza.

Decisione della Corte di Appello

Avverso la decisione del giudice di prime cure veniva proposto appello, che veniva rigettato posto che gli appellanti non avevano fornito la piena prova che, ove correttamente informati, e quindi posti a conoscenza dell’alterazione cromosomica, la loro scelta sarebbe stata quella di interrompere la gravidanza.

Ricorso per cassazione

Avverso tale sentenza veniva proposto ricorso per cassazione.

Gli ermellini hanno stabilito che è responsabile per malformazione del feto, il medico che non informa adeguatamente la gestante circa tale possibilità.

Invero secondo un precedente delle Sezioni Unite del 2015 (n. 25767) se la donna viene posta nell’impossibilità di interrompere la gravidanza, a causa della negligente carenza informativa da parte del medico curante, quest’ultimo è responsabile civilmente del danno subito.

Diritto ad una corretta informativa

Pertanto nel caso di specie la Corte di merito ha errato nel desumere, dal fatto che donna non ha optato per l’amniocentesi, l’assenza o la non ferma volontà della gestante di voler abortire. Quindi il fatto che la donna aveva evitato quell’unico accertamento che le avrebbe dato la certezza della malformazione, non elide la responsabilità per malformazione del feto. Infatti nel corso del giudizio era stato accertato l’errore del medico nell’inserimento dei dati nel programma informativo (non rilevato dal software, benché il dottore avesse inserito una data di esecuzione dei precedenti accertamenti successiva a quella stessa di inserimento dei dati), finalizzato alla indicazione della probabilità statistica di malformazione del feto in soggetto di caratteristiche consimili alla gestante, che ha condotto ad un esito dell’esame statistico falsato, ovvero alla indicazione di una probabilità statistica di malformazione di molto ridotta rispetto a quella che ne sarebbe scaturita ove fosse stato inserito il dato cronologico corretto.

Conseguentemente l’informativa del medico non è stata rispondente alla situazione reale, determinando così la responsabilità per malformazione del feto del medico curante.

La prova della responsabilità per malformazione del feto

Va da sé che in questo contesto la donna è chiamata a dare la prova di un fatto particolarmente complesso, integrato dal concorso di molteplici circostanza e comportamenti proiettati nel tempo: rilevante malformazione del nascituro, l’omessa informativa da parte del medico, il grave pericolo per la salute psicofisica della donna, e l’eventuale scelta abortiva di quest’ultima. Quest’ultimo aspetto di certo costituisce valutazione particolarmente complessa, coinvolgendo la volontà interiore della madre del bambino, che non si presta in alcun modo ad una ricostruzione obiettiva ed univoca, perché fondata su di una scelta inconsapevole in quanto alterata, nel suo processo formativo, dal rassicurante quanto errato esito dell’esame statistico compiuto dal medico.

Lesione del diritto di autodeterminazione della gestante

Di talché essendo emersi elementi univoci in tal senso, la Suprema Corte ha affermato la responsabilità per malformazione del feto imputabile alla condotta negligente del medico, per aver determinato la lesione del diritto di autodeterminazione della gestante.